Intervista per Il Messaggero: “I dem da noi perchè si sentono traditi. Alle elezioni UE con una lista nostra”

Matteo Richetti, capogruppo di Azione-Italia viva alla Camera, due consiglieri locali – il regionale Pippo Rossetti e la comunale di Genova, Cristina Lodi hanno lasciato il Pd per approdare nel vostro partito. Con loro anche una trentina di dirigenti dem della Regione. Un caso isolato o c’è qualcosa di più?

Le ragioni sono le stesse che ci hanno spinto a creare Azione, ovvero lo spostamento della sinistra su un asse sempre più massimalista. Nel Pd si è arrivato a proporre un referendum contro sé stessi, o meglio, contro il Jobs Act, approvato dal Pd nella scorsa legislatura. Lo stesso cortocircuito nato dall’appoggio del Conte II, lo crea oggi un partito che sui temi del lavoro è concentrato sull’esclusivo tema della garanzia della stabilità, senza guardare a produttività e crescita. Lo stesso vale per la difesa dell’Ucraina e per l’incremento delle spese militari.

Secondo Raffaella Paita (Iv), la scelta della consigliera Lodi di iscriversi al gruppo misto, mostra che Azione ha scelto di stare all’opposizione del sindaco Bucci. Il vostro è un dietrofront rispetto al passato?

Non c’è stato mai stato un sostegno di Azione a Bucci. Quando due dei nostri iscritti hanno sostenuto il sindaco all’interno di una lista civica, si sono sospesi dal partito. Non c’è nessuna realtà in Italia in cui Azione sia in coalizione con FdI o la Lega. Forse chi continua a definirsi alternativo a Salvini e Meloni dovrebbe spiegare cosa ci fa a Genova con i loro partiti.

Quindi sbaglia chi parla di cambi di casacca…

Non banalizzerei. Qualcuno ha parlato di persone a fine carriera in cerca di riposizionamento. Ricordo che Lodi meno di un anno fa è stata la più votata di tutto il consiglio comunale.

Tutto questo non rischia di minare l’azione unitaria delle opposizioni su alcuni fronti, a partire dal salario minimo?

Non credo, la politica non è calciomercato, ma per costruire l’alternativa alla destra ognuno deve definire ciò che è. Il Pd rivendica di essere tornato in sé come se un recente passato avesse tradito ciò che è la sinistra.

Secondo Calenda, Meloni sta egemonizzando il voto della coalizione e presto gli elettori popolari e le classi dirigenti liberali che militano in quel campo si troveranno a disagio. Fuoriuscite in vista?

Azione non cerca fuoriusciti, accoglie chi abbandona il proprio percorso prendendo atto del fallimento di un bipolarismo schiacciato sugli estremi. Se ci fossero dirigenti di FI stanchi di stare in una coalizione in cui Salvini provoca Meloni perché preferisce Macron alla Le Pen, allora Azione sarebbe casa loro.

Renzi, nel frattempo, ha annunciato che si candiderà alle elezioni europee del prossimo anno con la lista “Il Centro”

Ha fatto una scelta legittima ma divergente con il nostro percorso. Al suo appello stanno rispondendo personalità come Clemente Mastella, non certo nella parabola di una forza riformista e lib-dem come quella che stiamo costruendo.

E voi lavorate su possibili alleanze?

Penso sia salutare che i partiti si misurino sul consenso che riescono a raccogliere per la loro proposta. In termini di simmetria, vedo un possibile rapporto con + Europa. In particolare sui temi economici e sul sostegno alle politiche Ue all’Ucraina. Ma oggi l’opzione più probabile in campo è che Azione presenti una propria lista.

La soglia di sbarramento rappresenta un ostacolo?

Il 4% non ci spaventa: quando ci siamo presentati a Roma con una lista guidata da Carlo Calenda abbiamo preso il 20% e alle Politiche l’8%. Credo che la nostra proposta abbia già oggi un suo consenso. Poi se qualcuno non raggiunge la soglia deve farsi delle domande, ma non bisogna aggirare i problemi.

Rimane aperta la questione dei gruppi parlamentari. Al Senato, in base al nuovo regolamento, per costituire un nuovo gruppo Renzi avrebbe bisogno di 9 e non 6 senatori.

Da regolamento attuale, non vedo per nessuno la possibilità al Senato di creare un nuovo gruppo, ferma restando la possibilità di deroghe. Detto questo, un gruppo, a mio avviso, non si separa quando esistono elementi regolamentari ma quando le ragioni della politica vengono a mancare. Iv ha detto che se non ci fosse stata una prospettiva comune alle Europee sarebbe stato inutile tenere i gruppi uniti. Azione ma non può che prendere atto se la volonta è questa”.

(Intervista a cura di V. Pigliautile)