Questo week end il nostro voto decide tanto.
Decide se prevarrà l’Italia a cui piace gridare senza fare, a cui piace trovare colpevoli piuttosto che soluzioni, oppure se Italia che manderemo in Europa sarà un Paese che ha voglia di rimboccarsi le maniche e non dimenticarsi di che pasta è fatto. Un impasto di sacrifici e talento, di generosità e schiettezza.
Per me è facile immaginare l’Italia che vorrei a Bruxelles perché ho negli occhi il lavoro di Azione di questi 5 anni. Mai un giorno con lo sguardo rivolto ad altro che non fosse i diritti fondamentali, quelli civili, ma anche quelli sociali, sanità, scuola e salari prima di tutto.
5 anni di linea politica chiara e coraggiosa, anche a costo della impopolarità alimentata dal populismo imperante: si trattasse di pandemia, energia, lavoro, resistenza Ucraina, Azione era lì, con la fermezza delle proprie posizioni. Dal generoso militante fino a Carlo Calenda, la nostra tenacia nel volere un confronto sul salario minimo, la nostra determinazione a fianco del popolo Ucraino vergognosamente aggredito, la nostra proposta sul mix energetico sostenibile per l’Italia, i primi a batterci a tutela della sanità come diritto universale.
Adesso è il momento di dare ancora più forza a questo nuovo modo di concepire la politica: quello che non calcola ma osa, non segue la convenienza, ma la convinzione. Scommette sulla forza del nostro Paese più che sulle astratte alchimie della politica.
Come quando chiamammo la piazza ad unirsi per la morte di Alexey Navalny. Perché ci sono momenti in cui il silenzio ti rende complice e l’Italia invece chiede coraggio e verità.
È arrivato un giorno importante nel nostro cammino, ma questo passo va fatto tutto insieme. Perché oggi ciò che serve è Azione.