Chiamo a raccolta i cattolici per il nuovo partito

Huffington Post


Queste giornate di convalescenza mi hanno consentito di recuperare in streaming i lavori di un interessante convegno promosso da Pierluigi Castagnetti con l’associazione “Popolari” che ha avuto l’indubbio merito di riaprire un tema da molto tempo passato in secondo piano circa il ruolo dei cattolici nella politica di questo tempo. Se da un lato il seminario è ricco di spunti culturalmente rilevanti e condivisibili, restano aperte e spesso senza risposta la traduzione in comportamenti della politica di quegli stessi principi ispiratori. Forse il problema sta, anche solo in parte nella lucidissima analisi proposta da Padre Francesco Occhetta, ovvero che molto spesso i cattolici “promuovono esperienze locali, laboratori di civismo ma non trovano un partito che raccorda queste esperienze” come del resto accade alla diaspora del 1992.

Io credo però che si debba aggiungere a questa riflessione una più severa analisi di coerenza tra le posizioni assunte dal Partito Democratico sulle questioni rilevanti poste nel seminario e la compatibilità per la cultura del cattolicesimo democratico con queste posizioni.

In diversi, da Castagnetti a Occhetta hanno giustamente evocato le posizioni di Papa Francesco dalla Laudato sii in avanti sul tema dell’Ecologia integrale, che rispetto all’ambientalismo ideologico rafforza la connessione tra uomo e natura e mette l’uomo al centro dell’ecosistema, anche come garante dell’equilibrio complessivo del pianeta. Qui sta il punto. Aderire all’ecologia integrale di Francesco porta a essere pro o contro il TAP? Si può continuare a militare fianco a fianco col peggiore populismo ambientalista spiegando che il pluralismo impone anche questo?

E che la campagna per le primarie di Stefano Bonaccini sia partita proprio al fianco di Michele Emiliano è uno dei segnali che peggio lascia auspicare per il futuro di quel partito.

Ancora, Padre Occhetta inserisce tra i punti fondamentali dell’azione del cattolicesimo democratico il tema della Giustizia, “che è riparazione non è vendetta”. Esiste una spiegazione plausibile alla deriva giustizialista che sta prendendo tutto il resto dell’opposizione che non sia quella rappresentata da Azione e Italia Viva? Esiste una spiegazione accettabile alla rinuncia al garantismo costituzionale fatta dal Pd?

Francesco Occhetta tocca poi tutta la questione del lavoro dove “il cedimento alla cultura di sinistra ha fatto dimenticare che non è solo subordinazione ma è anche creatività, autonomia”. Questo punto è centrale soprattutto in relazione della vocazione personalistica del cattolicesimo democratico in politica. Se al centro c’è la persona allora non ci possono essere ambiguità sulla centralità del lavoro come strumento di costruzione di una presenza dignitosa nella società. E la confusione ingenerata in questi anni tra assistenza (sacrosanta verso i soggetti fragili e non autosufficienti) e lavoro e sintomo di una confusione alla quale non si pone rimedio con l’aggiunta della parola “lavoro” nel nome del partito.

Ma la questione di maggiore rilievo della iniziativa assunta dai Popolari di Castagnetti, sta a mio giudizio nell’accostamento senza ambiguità del termine cattolico democratico a quello liberale. Lo ha introdotto Castagnetti facendo riferimento all’economia di mercato e all’esperienza della Margherita, lo ha ripreso Occhetta nella descrizione dell’approccio liberale come elemento di equilibrio tra sistema economico e persona.

Il punto è proprio questo. Il cattolicesimo democratico è liberale o non è.

Il primato della persona, anche sullo Stato, nasce dall’idea sturziana della concezione pubblica in relazione all’economia, ai territori, alle persone. Sono i cattolici democratici a volere una Costituzione in cui lo Stato riconosce la persona. Che viene appunto prima. Lo Stato ne regola convivenza e ordinamento, non la definisce. E su questa idea di Stato che si è rotta la presenza (anche) dei cattolici nel Pd. Il cedimento al populismo, oltre che a giustizialismo e antipolitica, è il cedimento alla concezione liberale dello Stato che da regolatore diventa attore, fino ad essere “infilato” in autostrade, banche, Ilva e Ita.

Non basta rispondere alla importante sollecitazione dei cattolici democratici come ha fatto Goffredo Bettini qualche giorno fa infilandoci un po’ di nuovo umanesimo che non guasta mai. È tempo di un binomio nuovo tra valori e concretezza. È tempo di un esercizio alla politica che non si rifugia in prepolitica da laboratorio. La nascita di un partito nuovo, annunciata a Milano pochi giorni fa da Carlo Calenda, uno spazio in cui cattolici democratici, liberali e socialisti costituiscono il fondamento di un pensiero che evita la secolarizzazione dell’occidente è una occasione unica. Una stagione nuova che riparta dalla tensione morotea che tiene in equilibrio diritti e doveri, ponga nuove basi per una crescita integrale e umana della società, restituisca la dimensione di un destino comune alle diverse generazioni del Paese.

Noi apriremo le porte a un tempo nuovo, l’auspicio è che tanti (laici e cattolici) vogliano coglierlo insieme a noi.