Sugli specializzandi servono risposte certe

Inutile ripetere che “l’importante è che ci sia la salute”, se poi le scelte – o le non scelte – della politica hanno fatto sì che, oggi, la salute dei cittadini occupi il primo posto solo per la spesa che ne deriva.

Basterebbe chiedersi perché in Italia abbiamo 10 milioni di prestazioni urgenti arretrate, e per “urgenti” si intendono esami o interventi chirurgici importanti, con la drammatica conseguenza che da diritto per tutti, la sanità, è diventata diritto elitario, di chi può permettersi di rivolgersi a strutture private per eseguire screening, esami e interventi necessari a tutelare la propria salute.

Ricorderete tutti marzo 2020, quando gli ospedali, il personale medico e paramedico erano al collasso, strutturale e fisico, per via del dilagare della pandemia, quella foto dell’infermiera stremata dalla fatica, addormentata a fine turno davanti al computer: quella foto fece milioni di visualizzazioni, nel periodo in cui dai balconi delle case si levavano gli applausi spontanei ai medici e agli infermieri in prima linea nella lotta ad un nemico che ancora non si conosceva.

Poi, fortunatamente, quando il Covid è stato sconfitto, o contenuto, siamo tornati alla “normalità”, e solo ai buoni propositi di rimettere a posto il sistema sanitario. Continua, infatti, a mancare personale, e persiste la vergogna della gestione delle specializzazioni mediche, nei cui confronti siamo alla totale mancanza di rispetto: si cambiano date, si tolgono riferimenti certi.

Noi di Azione eravamo in piazza già nel 2020 a sostenere le ragioni degli specializzandi, per denunciare come le 4200 borse di specializzazione previste per i laureati in medicina erano una presa in giro da parte del Governo. Formulammo un piano per finanziare 22mila borse di specializzazione medica, non una di meno, non solo per eliminare un massacrante imbuto formativo, ma anche alla luce del fatto che nei prossimi cinque anni circa 35mila medici andranno in pensione. Ma i problemi non sono finiti, anzi.

Lo scorso 6 settembre, con un decreto direttoriale, il Ministero dell’Università e della ricerca ha posticipato la finestra iniziale prevista dall’8 al 18 settembre a quella che va dal 26 settembre al 6 ottobre, lasciando inalterato sia il termine fissato per le scadenza delle immatricolazioni al 16 ottobre, sia la data di presa di servizio del 1° novembre, con il risultato che i circa 14mila candidati avranno appena due settimane di tempo per finalizzare tutte le procedure del caso e trasferirsi presso la sede assegnata.

Abbiamo presentato una interrogazione alla Ministra Bernini per porre fine a questa inaccettabile situazione, perché intervenga con urgenza per superare le criticità create dallo slittamento dell’iter di assegnazione delle borse di specializzazione di area sanitaria per l’anno accademico 2022-2023, che ha coinvolto migliaia di specializzandi.

Fino a quando la sanità resterà per la politica un corpo estraneo, a cui guardare quando c’è da fare economia e mai come quello che meriterebbe investimenti corposi, continueremo ad essere un Paese senza una visione chiara sul futuro e destinato al fallimento.

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