TODAY.IT a cura di Pierfrancesco De Robertis
“Le indicazioni di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa mancano di rispetto istituzionale” attacca il deputato di Azione Matteo Richetti. Il capogruppo del partito di Carlo Calenda ora chiede una riforma urgente”
Usati, abusati, strumentalizzati: l’istituto del referendum torna ad agitare la politica italiana in vista delle urne del prossimo 8-9 giugno tra accuse di opportunismo e inviti all’astensione. Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera, rompe gli schemi e chiede una riforma urgente ma attacca anche le scelte della premier Meloni e del presidente del Senato La Russa: “Non è più tempo di giocare con la democrazia”
Onorevole Matteo Richetti, si torna a votare per i referendum… C’era proprio bisogno?
“Guardi, Azione è contraria all’uso dei referendum abrogativi per come si stanno sviluppando negli ultimi anni. La possibilità di raccogliere le firme digitalmente ha ulteriormente aggravato un problema che già stava emergendo, cioè la possibilità di chiamare alle urne i cittadini con una frequenza sempre maggiore e sugli argomenti più disparati, con la conseguenza che ci sarà sempre meno attenzione dall’opinione pubblica, allontanerà le persone dalle urne e renderà sempre più complesso il raggiungimento del quorum”.
Però alla fine le firme sono state raccolte…
“Ecco, appunto. Considerato, però, che le firme sono state raccolte e i referendum indetti, riteniamo che andare a votare sia un dovere civico. Pertanto, invitiamo i cittadini al voto e a votare no ai primi quattro quesiti referendari indetti dalla CGIL, dal momento che non rispondono ad alcuna delle reali istanze dell’attuale mercato del lavoro e a votare sì al quinto quesito referendario sulla cittadinanza: chi parla italiano e da 5 anni qui lavora, studia, produce e paga le tasse è bene e giusto che si integri a tutti gli effetti nel tessuto del Paese”.
Gli occhi sono puntati sul comportamento dei singoli politici. Lei che cosa farà?
“Coerentemente con quanto le ho detto prima andrò a votare. Nonostante lo strumento in questione non demonizzi l’astensione – a differenza di quanto sostengono di volta in volta le controparti interessate – ritengo che in tempi come questi che vedono già una disaffezione importante dal voto sia da irresponsabili invitare le persone a disertare le urne”.
Giorgia Meloni andrà al seggio ma non ritirerà le schede. In molti dicono che è una “furbata”. L’ha sorpresa la scelta della premier?
“Credo che la premier abbia parlato più da leader di partito che da capo del governo e la sua posizione è francamente incomprensibile. Una cosa sono le valutazioni politiche, un’altra il rispetto delle istituzioni che un presidente del Consiglio non dovrebbe mai far mancare. Detto questo, anche tra le opposizioni vedo spesso lo stesso atteggiamento strumentale: si difende il referendum solo quando fa comodo. Non serve urlare alla furbata, serve coerenza”.
Qualche settimana fa avevano suscitato polemiche le parole del presidente del Senato La Russa, che aveva detto di voler fare compagna per l’astensione.
“Sinceramente credo che La Russa non abbia proprio capito cosa significa fare il presidente del Senato”.
Le opposizioni hanno criticato le scelte astensioniste della maggioranza, ma in passato tutte le forze politiche, a turno, avevano scelto di non votare…
“L’astensione è stata usata da tutti, sia a destra sia a sinistra. Chi oggi si scandalizza dimentica rapidamente il passato. Ma proprio per questo sarebbe ora di uscire da questa logica di convenienza a giorni alterni”.
Il quorum è obiettivamente a forte rischio, e se il referendum fallisse per l’ennesima volta sarebbe un altro buco nell’acqua dopo quelli degli ultimi anni. Ogni volta i partiti si impegnano per una riforma dell’istituto referendario ma poi tutto finisce lì? Crede che potrebbe essere la volta buona?
“Penso sia davvero arrivato il momento di una riforma seria. Il quorum, così com’è, rende il referendum un terreno di tattica più che di partecipazione. Da un lato bisogna evitare che con la raccolta delle firme digitali si chiami continuamente alle urne gli elettori e dall’altro che chi non partecipi conti più di chi vota. Ma attenzione: una riforma va fatta con ampio consenso e con spirito costituzionale, non per convenienza del momento”.






