Articolo Huffington Post
24 novembre 2024 – Matteo Richetti
Alcuni giorni fa sono stato insieme a Carlo Calenda nella piazza di medici e infermieri che rivendicavano la necessità di sostegno alla sanità pubblica in Italia. Mi ha impressionato il numero di operatori che si sono avvicinati per ringraziare Calenda, riconoscendo ad Azione una coerenza cristallina sin dalla nascita sul supporto incondizionato alla sanità, alla scuola, ai diritti fondamentali dei cittadini.
Del tutto simile è la riconoscibilità assoluta del nostro partito sul sostegno alla resistenza ucraina ancora sottoposta alla brutale e illegittima invasione russa. Una chiarezza ed una nettezza di cui andare fieri ma che non sempre pagano su temi che dividono; e non a caso la politica spesso conserva ambiti di ambiguità e di silenzio che convengono rispetto alla necessità di non perdere consensi.
Se dici che toglierai il bonus caldaie (3,5 miliardi ogni anno) per mettere quei soldi sulla sanità, trovi la simpatia dei sanitari e le ire delle famiglie che beneficiano del bonus.
Se dici “più soldi alla sanità, questa è la nostra priorità” ottieni sia le simpatie dei medici che dei costruttori di caldaie. Poco importa se questo modo propagandistico porta (diciamo la verità) a governi di diverso colore che da tempo mettono sulla sanità il minimo che serve a coprire l’inflazione (a volte nemmeno quello, ma tanto che importa se posso raccontare che ho messo più soldi dello scorso anno?) e non hanno fatto scelte impopolari che spostassero significativamente poste di bilancio sulla sanità.
Carlo Calenda, e tutta Azione con lui, ha fatto una scelta di fondo: ai cittadini si fanno proposte concrete e non ci si sottrae dal portare la propria posizione.
Vi faccio un esempio: cosa pensa il Pd del nucleare? Nessuno potrà rispondermi, perché nessuno lo sa, nemmeno il Pd. Questo può convenire sul piano elettorale ma non conviene all’Italia.
La differenza sta tutta qui. Sarà un leader anomalo che prende i problemi per le corna e non li aggira, forse sconterà anche la capacità di aumentare consensi (perché l’impopolarità ha un prezzo) ma è esattamente ciò che serve all’Italia.
Abbiamo davanti a noi un congresso fondamentale, momento di rilancio del nostro progetto politico. Chi ha assimilato Azione a partiti della medesima area politica riducendoli a partiti “personali e padronali” oggi dovrebbe chiedere scusa al nostro partito. La candidatura di Giulia Pastorella, stimata collega deputata, dimostra che Azione è un partito aperto e contendibile, e chi deve uscire da un partito personale per costruirne un altro, dovrebbe avere almeno l’onestà di riconoscere questo.
Dopo l’esaltante risultato del nostro partito alle politiche all’interno della Lista Calenda (altro che terzo polo, bisognerebbe chiamare le cose per quello che sono) sono arrivate le battute d’arresto delle europee e delle ultime regionali.
Riflettere su cosa non sta funzionando è necessario, allargare lo spazio di una discussione vera tra di noi, valorizzare organismi e territori nella nostra iniziativa è indispensabile ma ripartire ancora una volta discutendo del “con chi ci dobbiamo mettere” e non del “ciò che dobbiamo essere” a mio avviso sarebbe l’errore definitivo.
Più Europa, Italia viva, orizzonti liberali, ogni volta la sollecitazione è di sovrapporre la nostra crescita con operazioni di accorpamento. Si cresce aumentando entusiasmo e credibilità non con la tattica della settimana.
Sostengo con convinzione la necessità di avere Carlo Calenda alla guida del partito non perché il funzionamento di Azione sia stato impeccabile, anzi su questo apriremo un nuovo e ordinato corso, ma perché se Azione dal primo giorno della sua costituzione è sulla scena politica con costanza e tenacia è per la sua capacità di individuare, prevedere, guidare il dibattito politico e pubblico con continuità.
È stato così sulla sanità, è stato così sulla crisi dell’automotive, è stato così sul nucleare, è stato così sul salario minimo e sulla proposta di regolamentazione dei social. È stato così nel chiamare la piazza a sostegno di Alexey Navalny, è così nel proporre la regolamentazione delle lobby e l’indizione di un unico election day ogni anno.
L’elenco è lungo e un partito vive della capacità di condividere battaglie che migliorano la nostra convivenza civile. E la leadership apre e guida queste battaglie. Non da solo, non senza confronto, non senza una comunità che crea opinione insieme a lui.
Questo ci giochiamo nei prossimi tre anni. Questo è quello che serve per tornare allo spirito che ciascuno di noi conosce bene. Non sciogliere Azione per confluire nell’ennesima costituente. Bisogna iniziare a credere in ciò che abbiamo costruito per chiedere agli italiani di crederci a propria volta.
Infine la chiarezza. Se affondiamo le nostre radici nello spirito repubblicano, nel popolarismo sturziano, nel socialismo liberale allora destra e sinistra non sono equidistanti. Ciò che oggi li accumuna è il tentativo di andare al Governo senza avere un’idea chiara di Paese e di futuro. Aggregare contro invece che costruire per realizzare.
È ciò che porta la destra a posizioni frantumate e imbarazzanti in Europa, è ciò che renderebbe impraticabile una politica estera, energetica, ambientale degne di questo nome con questa sinistra al governo. Allora la vera sfida è diventare soggetto che restituisce credibilità all’alternativa a questo governo. Essere perno di una opposizione che riesce a dire qualcosa di più della denuncia della deriva autoritaria ma convince gli italiani che un governo che affronta e risolve i problemi e i cambiamenti di questo tempo è possibile.