Non c’è nulla che tenga, se chi guida il governo prova a tenere insieme europeismo e antieuropeismo

Il nostro Gruppo ha sempre avuto un atteggiamento di opposizione pronta a riconoscere gli elementi che la Presidente del Consiglio ha portato prima delle comunicazioni del Consiglio europeo. Lo abbiamo fatto sui temi della politica internazionale e sui temi dell’Ucraina. Devo confessare che il discorso di oggi della Presidente Meloni è tra i più deboli e confusi, fino allo smarrimento, che io abbia ascoltato in quest’Aula. Cerco di non anteporre il giudizio alla riflessione. Cerco di offrire all’Aula le argomentazioni del perché pronuncio queste parole, però, davvero, ho trovato la Presidente del Consiglio – soprattutto quando, in replica, ci risponde che la maggioranza si vedrà in corso di legislatura – in difficoltà nel collocare la propria forza politica, il nostro Governo, il nostro Paese, nel contesto europeo.

La Presidente Meloni ha parlato di una crisi di gradimento dell’Europa. Io non parlerei di gradimento, che siamo di fronte ad una profonda crisi di fiducia io credo e, non solo sull’Europa, ma anche nei partiti e nella politica. È una crisi di fiducia che arriva a contagiare quanto di più prezioso abbiamo: è la nostra democrazia.

Io ho apprezzato quando, in chiusura dell’intervento iniziale della Meloni, la Premier ha pronunciato le parole “mi batterò per difendere la democrazia anche in questo Parlamento”, però vorrei invitare la Meloni a unirsi a noi a difendere la democrazia in questo Parlamento, perché c’è un problema grande se, di fronte a una provocazione legata alla consegna del tricolore ad un Ministro, si ricorre alle botte. Non solo c’è un problema di democrazia e di svolgimento dei lavori parlamentari, ma c’è un grandissimo contributo a quello che è stato il racconto della Meloni di oggi, cioè sfiducia, disaffezione e mancanza di gradimento nelle istituzioni. Eccome se c’è un contributo.

Rivolgo un altro appello alla Presidente Meloni, sempre in tema di difesa della democrazia. Non ha inaugurato lei la stagione del monocameralismo di fatto e della decretazione d’urgenza, un problema che viene prima dell’arrivo della Meloni alla guida di Palazzo Chigi, però stiamo raggiungendo vette complicate da tenere nel rapporto tra Parlamento ed Esecutivo, perché, se il monocameralismo non riguarda più i decreti che scadono – e, quindi, una delle due Camere fa il mestiere -, ma riguarda anche i provvedimenti senza scadenza, fino a quello fondamentale sull’autonomia, nel quale questo ramo non ha discusso, emendato e toccato il provvedimento, allora è un monocameralismo nel quale evitiamo di dirci che difendiamo la democrazia. Se la decretazione d’urgenza – legittima – riguarda, da qui al prossimo mese, prima della pausa estiva, 11 provvedimenti, non siamo all’abuso, siamo a un’Aula impegnata solo nella decretazione d’urgenza. Se si vuole difendere la democrazia anche in quest’Aula – e la Presidente conosce la dinamica del rapporto tra maggioranza e opposizione, perché l’opposizione l’ha fatta per anni – allora su queste cose ci si mette mano concretamente.

Se parliamo di crisi di fiducia e di gradimento dell’Europa, allora dobbiamo mettere i piedi nel piatto. La Presidente Meloni, la maggioranza, così come il sottoscritto, avrà fatto campagna elettorale per queste elezioni europee, ne ha fatto una coda anche in chiusura di campagna elettorale, va benissimo. Sarà stata, come me, dai pescatori di Sciacca e di Mazara del Vallo che denunciano esattamente quello che denuncia la Premier. Dicono: “l’Europa ci sta penalizzando.

Ci sono due problemi e la Presidente del Consiglio non se la può cavare con la denuncia. Poiché guida un Esecutivo, ha l’onere della proposta e della soluzione del problema, ma il pescatore di Sciacca, costretto ad uscire senza poter pescare e comprare il pescato dal peschereccio vietnamita, che non ha le limitazioni dell’Europa, non dice “fatemi fare quello che mi pare”. Dice “se c’è un problema di tutela del mare e della risorsa ittica, riguarderà tutti, anche il peschereccio vietnamita”.

È qui che la Presidente Meloni sbaglia completamente la lettura. Anche il pescatore di Sciacca vuole l’Europa in grado di incidere sulla dimensione globale, vuole che la tutela del mare non sia affidata – come ci ha proposto oggi la Meloni – alla sovranità nazionale o addirittura alle autonomie locali, ma vuole una dimensione europea forte, in grado di condizionare i problemi nella loro dimensione globale.

Invece, la Presidente Meloni oggi ci ha spiegato che l’Europa deve fare un po’ meno e un po’ meglio. Per forza che si prende dell’antieuropeista. L’Europa deve fare meno? Ma è la stessa Presidente Meloni che è andata a Tunisi a fare un lavoro – che riconosco prezioso – e tornando a casa mi ha spiegato che ha chiuso rapporti e accordi importanti sulle energie e le imprese, che viene a dirmi che va bene l’autonomia, che a Tunisi ci porta venti presidenti di regione a fare le intese sull’energia e sulle imprese?

C’è qualcosa che non va. C’è qualcosa che non va sull’idea di impianto delle istituzioni, da quelle europee a quelle legate alle autonomie locali. Non c’è ars oratoria del mio collega Lupi che tenga, perché si può anche venire a rivendicare il 53% dei consensi – certo, penso che la Presidente del Consiglio abbia un altro onere, quello di dire, da Capo del Governo, come affronta i problemi che ha davanti, ma, se non prende quella via, c’è la via più facile del dire “le forze di maggioranza hanno preso il 53% dei consensi”.

Ma se alla tua destra hai Tajani che dice “sì al MES” e alla sinistra hai Salvini che dice “no al MES”, puoi anche avere preso il 70% dei consensi, dopodiché non hai la soluzione di fronte ad un problema. Prendo il MES perché potrei prendere l’atteggiamento che avranno domani rispetto alla proposta della von der Leyen, Presidente della Commissione. Tajani dice “sì”, Salvini dice “no” e veniamo in Aula a raccontarci che, però, c’è il 53% di consensi. Per forza che siamo allo stallo. Non credo che la Meloni porti all’irrilevanza dell’Italia in Europa, ma la porta nell’incapacità di avere una posizione chiara e netta, che è quella che manca al nostro Paese. È questo il problema che ci troviamo ad affrontare domani.

Allora, uno può anche apprezzare l’elemento di analisi, ma arriva, dopo un anno e mezzo abbondante di Governo, il tempo delle soluzioni, delle proposte. Certo che ho apprezzato la denuncia fortissima di quanto è accaduto a Satnam Singh, certo che ci uniamo in una roba che è raccapricciante anche solo da raccontare, ma il punto è un altro: siamo pronti a riconoscere il fatto che chi lavora in questo Paese va portato in condizioni di legalità?

Siamo pronti a dirci che è una legislazione che, ancora oggi, di fronte ad un lavoro e ad una occupazione trovata, quel lavoro ti fa uscire da una condizione di illegalità e di sommerso? Perché il problema non è sfidarci sul piano ideologico del superamento della Bossi-Fini – che è necessario, perché anacronistico, perché anche Lollobrigida, negli scarsi momenti di lucidità, riconosce che 500.000 immigrati servono alla nostra agricoltura -, ma il non essere in grado di unirci, se non di fronte al dramma e alla vergogna del caporalato utilizzato. È un caporalato che vede qualche datore di lavoro alzare le mani e dire “vorrei regolarizzare, ma non posso per legge”. Ma glielo togliamo questo alibi? Diciamo che può regolarizzare un lavoratore immigrato che si trova sul suolo italiano e trova da lavorare. Perché su questo terreno non c’è la capacità di mettere insieme maggioranza e opposizione?

E allora, domani inizia un Consiglio europeo che apre questa legislatura. Ho molto chiaro quale sarà la posizione del Primo Ministro tedesco, quella che sarà la posizione del Presidente francese, del Primo Ministro spagnolo. Ho meno chiara quale sarà la posizione del nostro Primo Ministro. Non c’è premierato che tenga, non c’è racconto di un Capo del Governo con poteri diversi che tenga, se chi guida il Governo prova a tenere insieme europeismo e antieuropeismo. Questo l’Italia non se lo può permettere.