In queste ore le ragioni per cui ho unito le mie forze a quelle di Maurizio Martina per la corsa alla segreteria nazionale del PD sono ancora più chiare.
Le rendono evidenti la necessaria concretezza da dare a quelle che, troppe volte, sono rimaste facili parole con cui ci siamo rivolti ai nostri elettori.
In primis le parole che riferiscono all’unità del nostro partito e al fatto che gli avversari stanno fuori e oltre di noi.
Questo è un tempo troppo pericoloso per mettere in secondo piano l’azione rispetto alla dichiarazione.
Se denunci anni di fuoco amico, non ne apri uno preventivo verso un compagno di strada, anche se producesse qualche voto (cosa di cui dubito fortemente).
Se gareggi sostenuto da metà governo degli ultimi anni (di cui io vado personalmente molto orgoglioso) non fai quello che non c’entra nulla con la fatica che abbiamo fatto insieme.
Ecco insieme.
Proviamo a dimostrare che la prima caratteristica del leader che vogliamo è la capacità di fare, ogni tanto, silenzio dentro di se e lasciare riaffiorare il grido della nostra piazza che invoca “unità, unità”.
Ci eviteremmo tante polemiche inutili. E la mite fatica di Maurizio Martina è quello che serve a questo tempo. Che sarà vincente solo se unita alla nostra.
C’è bisogno di tutti, anche di chi ha fatto scelte diverse dalla nostra, dalla mia. Perché mentre abbocchiamo, cedendo tutti con il discutere di Nutella, divise e Lino Banfi, il nostro Paese sta peggio.
E consuma la sua sofferenza indurendo la pelle e non sentendo nemmeno il grido di chi annega in fondo al mare.
Non facciamo l’errore di batterci gli uni contro gli altri, lasciando indisturbato chi distrugge il Paese.